Visual Vernacular: l’arte cinematografica nella lingua dei segni

di D. Baratto

Fin da bambino ho sempre avuto una forte passione per il cinema e le lingue straniere che ho coltivato durante gli anni e che mi ha portato a iscrivermi al corso di laurea triennale in Lingue, civiltà e scienze del linguaggio all’Università Ca' Foscari Venezia. Prima lingua: spagnolo, la mia preferita. Sì, prima, perché il corso prevede lo studio di due lingue e letterature straniere. Allora, quale altra lingua scegliere? Scorrendo tra le varie possibilità faccio una scoperta del tutto inaspettata: la LIS (lingua dei segni italiana), la lingua che utilizzano le persone sorde. L'illuminazione è stata istantanea: una lingua visiva; una forma di comunicazione basata sulle immagini in movimento, proprio come il cinema. Combinazione perfetta che ho subito colto al volo.


Esempio di VV: "Incidente" di Giuseppe Giuranna

Nei corsi di LIS, ho avuto la fortuna di avere un insegnante madrelingua LIS che aveva frequentato il corso di laurea DAMS. Una persona sorda specializzata in teatro, un attore, interessato al mondo dello spettacolo. Nei tre anni passati a studiare la LIS, ho approfondito la mia passione per il cinema. Ho scoperto i film sulle persone sorde (lungometraggi e cortometraggi, diretti sia da registi udenti sia sordi, con attori o attrici sordi) e il Cinedeaf, il festival del cinema sordo che si svolge a Roma.
Proprio per questo, ho deciso di dedicare la mia tesi di laurea triennale "Lingue dei segni e tecniche cinematografiche" alla tecnica Visual Vernacular, una forma d'arte teorizzata dall’attore teatrale sordo Bernard Bragg, e che ha avuto un’influenza decisiva sulla poesia, narrazione e vari tipi di performance delle persone sorde. È una tecnica visiva, “visual”, ed è naturalmente legata alla cultura sorda, la cui essenza è proprio la vista; invece l’aggettivo vernacolare, “vernacular”, deriva dal termine “vernacolo”, col quale normalmente si intende un parlato caratteristico di una zona limitata, simile ad un dialetto, ma ancora più specifico. È una tecnica utilizzata dagli artisti sordi per raccontare delle storie in modo "cinematografico": allo spettatore sembra di vedere la scena di un film, con i suoi differenti punti di vista sulla vicenda, gli zoom, i cambi di velocità.


Esempio di VV: "Matita" di Lucia Daniele

Il Visual Vernacular consente all’artista di rimanere in un punto fisso del palco e di rappresentare attraverso segni, gesti ed espressioni facciali, i diversi personaggi e le azioni che avvengono in scena, come se fossero viste da varie angolazioni della macchina da presa. Questa combinazione di caratteristiche consente allo spettatore di guardare la scena narrata proprio come se fosse davanti allo schermo. È questo aspetto a generare un profondo legame con il cinema e le tecniche di ripresa. In questo modo, lo spettatore si concentra sulla storia (o sulla poesia) che viene raccontata e non sul segnante che riproduce le diverse angolazioni della camera da presa.

Insomma, le lingue dei segni vanno a unire le mie due grandi passioni, le lingue e il cinema. Queste due realtà hanno in comune più di quanto pensiamo. Mi auguro che il cinema e il teatro sordo si diffondano sempre di più, dimostrando la loro ricchezza, tra le persone sorde e udenti.

 

Davide Baratto
Studente della Laurea Magistrale in Scienze del Linguaggio presso l'Università Ca' Foscari Venezia.
Ama le lingue e il cinema.

 

 

VEASYT offre la possibilità di guardare la traduzione di questo articolo in LIS a cura di Elena C., studentessa della Laurea Magistrale in Scienze del Linguaggio con specializzazione in lingua dei segni italiana (LIS) presso l'Università Ca' Foscari Venezia.

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