Una cena al buio per accendere i sensi e…l’ingegno

Chi mi conosce sa quanto io ami mangiare.
Mi piace il momento di convivialità che si viene a creare attorno ad un semplice tavolo durante pranzi e cene; mi piace l’idea che tutti si prendano una pausa dalle normali e frenetiche attività quotidiane, mi piace che sia una cosa necessaria per vivere ma così buona, piacevole e bella.
Cosa c’entra tutto questo con l’accessibilità vi chiederete? Sono andata a una cena al buio, una cena in cui si mangia in un ambiente totalmente buio!
cena amici pranzo
La cena si è tenuta a Villa Cappello, a Cartigliano (Vicenza). Da anni la Villa organizza questo evento, ma io sono andata per la prima volta solo quest’anno, il 21 aprile, in compagnia di mia madre e di due amici.
Quando tutti gli iscritti alla cena sono arrivati, siamo entrati in una stanza con una luce soffusa per l’aperitivo; lì ci hanno fornito delle informazioni pratiche su come avremmo raggiunto la sala della cena. Man mano che ci venivano fornite queste informazioni, la luce si abbassava sempre di più, fino a quando abbiamo raggiunto la penombra. Solamente le sagome delle persone erano ancora distinguibili. E così, entriamo nella sala della cena. Totalmente al buio. Tutto nero, senza un minimo spiraglio di luce.
Per raggiungere il tavolo siamo stati aiutati dai camerieri. “Dai camerieri?” penserete...eh si! I camerieri erano Adriano e Paolo, due persone cieche di Vicenza che, grazie alla loro esperienza di persone cieche e di camerieri durante queste cene, sanno orientarsi nel buio meglio di chiunque altro.
Al tavolo, ero seduta a destra di mia madre e alla sua sinistra c’erano gli altri due miei amici. Non conoscevo invece, chi ci fosse alla mia destra o davanti a noi.
I primi minuti sono stati di totale disorientamento. Cercavo di capire dove si trovassero le posate, i bicchieri, le bottiglie e ispezionavo lentamente il tavolo con le mani. Ma la cosa che più cercavo inizialmente era di vedere, di trovare un minimo barlume di luce: impossibile.
cena al buio occhi strabuzzati
Così hanno iniziato a servire le portate, dall’antipasto al dolce. I primi tentativi di portare cibo alla bocca si sono rivelati difficili, ma in brevissimo tempo si capiscono le strategie per mangiare tutto quello che c’è nel piatto, per non sporcarsi o per versarsi da bere senza far traboccare il bicchiere. È anche vero che io qualche trucchetto l’avevo già imparato con i miei amici sordociechi della Lega del Filo d’Oro, ma non l’ho detto a nessuno.
Dopo il primo piatto, ho capito che Paolo o Adriano, per capire con precisione dove fossi, si appoggiavano allo schienale e servivano alla mia destra. Dopo questo ho capito anche di dover stare ben dritta con schiena e testa quando passavano così da permettere loro di capire come ero disposta e di servirmi con precisione senza incidenti.

Ci sono vari aspetti positivi e interessanti di questa cena che ho notato in molti partecipanti (non voglio dilungarmi sul fatto che grazie a questi eventi si può capire quanto siamo fortunati a vedere ecc., dovremmo essere abbastanza in grado di capirlo ogni giorno): si parla quasi esclusivamente con persone che non si conoscono, cosa che non siamo abituati a fare se siamo in compagnia di persone che conosciamo; si mangia con calma e concentrazione, annusando e gustando ogni boccone; si affina il tatto, l’udito, il gusto e l’olfatto per orientarsi nello spazio e sul tavolo; ci si sente sazi molto prima perché si sente solo la vera fame, non quella dettata dall’acquolina in bocca che ci fa un bel piatto guardandolo; si evita di lamentarsi di non essere fotogenici nelle foto di gruppo o nei selfie dei vicini; si può mangiare con la bocca aperta; si possono alzare gli occhi al cielo se il vicino ci sta annoiando e magari fingere che qualcuno ci stia chiamando dall’altra parte per parlare; si mangia senza cellulare e si interagisce di più.
cena al buio annusare
Alla fine della cena, al momento del caffè, abbiamo cominciato, pian piano, a vederci. La luce era debole e l’hanno aumentata sempre di più fino a quando ci siamo visti tutti. Ho visto i miei vicini, com’erano disposti i tavoli, com’era fatta la stanza: avevo immaginato tutto diversamente. Abbiamo anche visto quanto abbiamo sporcato la tovaglia: potevamo far peggio, siamo stati bravi!
Ho guardato l’ora e…siamo rimasti a tavola per 3 ore e mezza! Nessuno si era accorto di come era passato velocemente il tempo senza un orologio da monitorare continuamente e di come ci stavamo divertendo, lì, in quel preciso momento, concentrati, attenti, curiosi.

La cena al buio è un’esperienza che consiglio a tutti, anche a chi ha paura del buio, perché dopo qualche minuto diventa normale e motivante, non vi è più paura dell’apparenza, ci si concentra solo su quello che si fa e si mangia.
Ho capito, inoltre, quanta importanza diamo alla vista, non solo per motivi istintivi o per preservare la nostra incolumità (vedere, attraversare la strada, non versarsi il vino rosso addosso), ma anche per dare dei giudizi sulle persone senza conoscerle e sui cibi senza averli ancora assaporati. Possiamo addirittura precluderci possibilità di conoscenza ed esplorazione. Con questa esperienza si può cominciare a riflettere su questo e a rivedere anche i nostri comportamenti. Andateci!

Linda Cecchin
Interpreters community manager di VEASYT srl, interprete di italiano-LIS.
Crede fortemente nella cultura e nella gentilezza.
https://it.linkedin.com/in/lindacecchin


VEASYT offre la possibilità di guardare la traduzione in lingua dei segni italiana (LIS) di questo articolo a cura di Linda C., interprete italiano - LIS:

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